La storia di Maurizio e Barbara, due allenatori vincenti per natura
Bastano i loro nomi e nient’altro: Maurizio Riva e Barbara Rossi. Il meglio che il mondo del tennis, lato coaching, possa offrire. E sono qui, al Quanta Club, da tanto tempo: «Da otto anni - precisa Maurizio Riva - siamo arrivati assieme ma io e Barbara abbiamo un lungo sodalizio lavorativo, iniziato nel 1989». Tante scommesse vinte, qualcuna persa per strada («Ricordo Arnaboldi, aveva vinto l’Avvenire con il Quanta, un buon 25mila a Sondrio ma poi si è perso») ma la consapevolezza di aver dato sempre il massimo: «Ho avuto il piacere di allenare Francesca Schiavone e Flavia Pennetta, ma anche Pozzi, Camporese e Galimberti - ricorda Barbara Rossi - oggi i tempi però sono cambiati».
Cioè? «Lavorare in gruppo ai ragazzi può solo fare bene, vivere l’atmosfera del club è una cosa sana - precisa ancora Maurizio Riva, al quale fa eco Barbara Rossi - oggi ci sono genitori che, quando il figlio ha 16 anni, pensano sia pronto per diventare un professionista. Ma non è sempre così, di Schiavone, Galimberti e Brianti non ne nascono ogni anno». Il consiglio? «Costruire l’atleta da bambino, come avviene qua, per accompagnarli al professionismo. Ma anticipare troppo i tempi può davvero essere deleterio».
Dunque, non avere fretta: «E fidarsi del proprio allenatore. - ribadisce Maurizio Riva - i fenomeni sono rari ma i giovani che hanno voglia sono numerosi. Senza la fretta di volere le cose subito si può andare lontano, perché il tennis è sport complicato; serve fisico, tecnica e tenuta mentale». Pillole di saggezza: «Se ti affidi ad un allenatore o ad uno staff, devi fidarti -conclude Barbara Rossi - io i genitori di Francesca Schiavone non li ho mai visti, eppure ha vinto quasi due Roland Garros. Il nostro obiettivo primario deve essere trasmettere la passione a chi si avvicina a questo sport. Per il resto, c’è sempre tempo. Poi è chiaro: ci speri sempre, il nostro obiettivo è prenderli da bambini e portarli al professionismo, al loro massimo».